Il film è appena uscito nelle sale italiane il 23 marzo 2016, circa in contemporanea col resto del pianeta, è la critica è già lacerata tra amanti e detrattori.
Personalmente il risultato di questo film è positivo ed è esattamente ciò che mi aspettavo da questa pellicola.
Non so cosa si aspettasse il resto della gente, ma i trailer che gradualmente, nel corso degli ultimi due anni, hanno anticipato il film, ci hanno mostrato senza troppi limiti o maschere quello che era il prodotto finito: un classico film di Zack Snyder, in cui cioè la trama è semplice, ma accattivante; gli eroi sono massici gladiatori fanatici di body building estremo e le donne sono di classe e affascinanti.
Soprattutto, come sempre in un film di Snyder, la trama e i dialoghi sono relativamente limitati e funzionali a un solo scopo: la spettacolarità di scontri sempre più estremi, in un parossismo in cui si giunga al punto del non-ritorno, laddove qualsiasi cosa esplode, qualsiasi corpo abbatte delle colonne o dei muri, e la pellicola cede il posto a effetti speciali in CG a livelli estremi.
Premesso tutto questo, che dovrebbe essere il bagaglio minimo di esperienza di chiunque conosca Snyder e abbia visto Man of Steel (oppure 300, Watchmen, Sucker punch…), ci troviamo in un film che riparte esattamente da dove proprio Man of Steel ci aveva lasciato. Riviviamo la distruzione di Metropolis durante il feroce duello Kal-El/Zod, guardandola dagli occhi di un impotente quanto nervoso Bruce Wayne. Un Bruce Wayne pronto ad affrontare Superman e sconfiggerlo, se necessario, in quanto potenziale minaccia per il genere umano: Batman è disilluso, dopo 20 anni di vita a Gotham ha visto chiunque cedere al lato oscuro e sa che potrebbe succedere anche al nostro caro Kryptoniano…
Questo Batman ha quindi pensieri che ci ricordano il Cavaliere Oscuro di Nolan più di quanto molta critica tenda a negare. È stato Nolan a trasformare il personaggio pop in un ninja: un personaggio dark, che si muove nell’ombra, con una voce contraffatta e cavernosa. Un pipistrello che fa di una coreografia dell’orrore il suo primo metodo di attacco: spaventando l’avversario che, di fronte a Batman, non sa capire se si trovi davanti un uomo o un demone. Metafora ribadita da Snyder e dal suo Bat-Affleck: un Batman enorme, massiccio, cattivo e duro come non si è mai visto. Un Batman tormentato da incubi che permettono al regista di divertire con scenari ipotetici e visionari (alla Bosch) di raro fascino.
Senza cadere in spoiler, che si vogliono evitare, non concordo con chi estremizza l’analisi di questo film evidenziando i buchi di trama, le incongruenze o il forzato inserimento di altri personaggi DC, anche solo in un cammeo estemporaneo e brevissimo. Partiamo dal presupposto che sia un film di supereroi e la sospensione dell’incredulità è richiesta dal titolo: se non si può accettare la possibilità di un milionario ninja e di un alieno quasi divino, di certo non è possibile abbracciare la tesi di partenza del film. Ma una volta accettata quella tesi e quel mondo, simile al nostro, in cui esistono Metropolis e Gotham, ci si deve mantenere a quelle stesse regole per tutto il film affinché il tutto resti coerente e credibile. Ebbene, alcune scelte possono essere semplicistiche; altre possono essere forzate o stridere rispetto ad altri aspetti di personaggi che – in massima parte – sono fin troppo perfetti e potenti per essere umanizzati e indeboliti… Eppure, tutte queste scelte servono a elaborare una trama in cui uomini e dei devono essere snaturati per essere portati su un piano di gioco comune e interagire a livello emozionale tra loro (e con lo spettatore). Tutto questo ritengo che nel film sia realizzato: perché ogni scelta, per quanto opinabile, è coerente. Il film e la trama, nel complesso, reggono. Quello che Snyder voleva fare e ci aveva snudato e anticipato fin dal trailer è esattamente il prodotto finito e venduto. Nulla di più; nulla di meno.
Forse quello che non ci si attendeva era una Wonder Woman così potente da mettere quasi in ridicolo i maschietti del film (e questa critica non mi pare nessuno l’abbia mossa). Eppure Gal Gadot – che ringraziamo Snyder di aver trovato e offerto agghindata con degli abiti meravigliosi – diventa una vera e propria icona di suggestione e femminilità. Un personaggio perfetto, che sposa il meglio delle spie alla Bond o di Catwoman all’amazzone guerriera che ci attendevamo.
Cavill è a suo agio, come sempre, nei panni di un Superman che ormai ha il suo aspetto: quel viso da bravo ragazzo, sempre pacato e raramente arrabbiato. Affleck lascia alle spalle il Davil della Marvel ricreando un Bruce Wayne e un Batman perfettamente consoni al personaggio e al film. Irons è un maggiordomo perfetto e fin troppo esperto di tutto (in questo ci riporta a un’immagine fumettistica di un certo Alfred che i film, specie con Nolan, avevano praticamente abbandonato).
Lex Luthor è interpretato magnificamente da Jesse Eisenberg: forse è un Luthor molto più psicopatico di quello a cui eravamo abituati. Ma ci sta. In questo film, nel mondo di Snyder, Luthor psicopatico è coerente. E l’interpretazione di Eisenberg è da Oscar. Ci ricorda (e fa rimpiangere) il Joker di Ledger. Personalmente è un cattivo che amo e adoro e penso resterà nel nostro immaginario con il suo tè alla pesca della nonna. Sicuramente è lui il vero cattivo del film, non certo il mostruoso Doomsday, graficamente uscito dal Signore degli Anelli senza apparente spiegazione (una sorta di Hulk contraffatto) tranne la sua funzione di distruttore, fondamentale per dare inizio alla spettacolare distruzione finale, con botte da orbi, senza cui Snyder non sta bene (e nemmeno noi, se siamo fan di Snyder)!
Forse nel film c’è qualche morto di troppo? Sinceramente già Nolan aveva portato la guerra a Gotham… Ma in Snyder cosa vi aspettavate? Mentre una città esplode, disintegrata, chi è che si mette a contare i morti? Chi mai è andato a controllare l’esito dei traumi causati in uno scontro da Batman? Diciamola tutta: se c’è morte nel film di Snyder è perché c’è sempre nei suoi film, come c’è nella realtà.
Il film, infine, ci regala anche riflessioni sulla figura divina: un archetipo su cui l’uomo proietta molte sfumature che, in definitiva, il film suggerisce possano ridursi a una soltanto. Dio come colui che fa la cosa giusta. Sempre e comunque. Costi quello che costi.
Come già accadeva in Man of Steel, l’iconografia cristiana è ripetuta e assai presente, specie nella parte terminale del film in cui certe scene sembrano quasi riproporre graficamente, in una visione quasi blasfema, l’immagine del Dio cristiano. Un film quanto mai pasquale, dato il periodo…
Quanto all’accenno fatto ad altri super-eroi: insomma, il sottotitolo del film è Dawn of Justice. Sapevamo che non avrebbe parlato solo dello scontro tra Batman e Superman, ma che il film avrebbe gettato le basi per la nascita della Justice League, che sarà oggetto di almeno due prossimi film, sequel di questo. Io personalmente mi sarei aspettato anche una maggior presenza di altri personaggi, specie in occasioni in cui sarebbe stato scontato attenderli. Alcuni accenni potrebbero essere funzionali a future trame e colpi di scena che oggi possiamo solo ipotizzare (io credo che lo scontro tra Batman e Superman sia tutt’altro che esaurito). Vedremo i futuri capitoli e giudicheremo alla fine.
Intanto godiamoci questo film che, preso per quello che è, si offre come perfettamente godibile (quasi tre ore che passano veloci e in scioltezza, senza quasi rallentamenti o spreco di scene). Attendiamo la versione estesa e vietata ai minori per eventuali ulteriori dettagli, anche sui presunti buchi di trama. E se poi abbiamo sete di scontri tra eroi… Attendiamo la Civil War della Marvel che è proprio dietro l’angolo. O, per restare in tema DC comics, l’intervento della Suicide Squad da cui, invece, mi attendo molto poco, specie con il Joker di Leto che dubito saprà reggere il carisma di Ledger e di cattivi, come questo Luthor psicopatico, che sono sempre più solidi e centrali nelle trame dei film di Supereroi, includendo la Marvel con i più recenti film di Cap. America.