H.P. Lovecraft – Oniricon – Recensione
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Ho finalmente potuto sfogliare lo splendido volume “Oniricon – Sogni, incubi & fantasticherie”, contenente materiale di H.P. Lovecraft e curato dal sempre eccelso Pietro Guarriello (massimo esperto di Lovecraft in Italia) e appena pubblicato da Bietti Ed. nella collana l’Archeometro (334 pag., € 20,00): si tratta di un vero gioiello.

Il libro si compone di varie sezioni. Si apre con un saggio introduttivo di Gianfranco De Turris, altro massimo esperto in materia. Segue poi il breve componimento poetico “Al sognatore” di H.P. Lovecraft, dal manoscritto della Brown University di Providence, e presenta poi una prima parte che è costituita da un vero e proprio epistolario, con una introduzione di S.T. Joshi e un ricco apparato di note esplicative. La nota editoriale, con grande chiarezza e tecnicismo, offre precisamente i riferimenti alle fonti originale, cosa spesso assente in altri epistolari e invece di grande utilità. Le principali fonti, infatti, sono i volumi delle Selected Letters americani (o The H.P.Lovecraft Dream book, Necronomicon press 1994, a cura di Joshi, anche se parte di questo materiale è di fatto presente anche nelle Selected letters, ma non tutto!) e un paio di lettere custodite alla University of Minnesota.

Di 41 contributi epistolari complessivi, più della metà sono inediti in Italia, mentre le altre lettere sono state stampate pressoché solo in volumi oggi fuori catalogo o di difficile reperibilità: ma sulla disamina delle singole lettere tornerò dopo, in conclusione dell’articolo. Posso però chiarire immediatamente che molte di queste lettere concernono proprio dei sogni fatti da Lovecraft e dai lui raccontati ai suoi destinatari: è noto come l’attività onirica di Lovecraft fosse caratterizzata da sogni già molto strutturati e ordinati, al punto che a volte da essi egli ha tratto dei racconti già pressoché organizzati; ebbene, in molte di queste lettere trova posto una sorta di selezione di racconti inediti. Non si tratta cioè di lettere dal contenuto eccessivamente pedante o tecnico, bensì soprattutto di grande portata immaginaria e narrativa.

Segue poi una seconda sezione, introdotta da un saggio di Guarriello, contenente alcuni racconti che sono derivati proprio da sogni di Lovecraft, da lui scritti o elaborati come “collaborazioni postume” o che riguardano la materia del sogno, con un apparato critico che li pone in confronto proprio con le epistole contenute nella sezione precedente e che li riguardano.

Questa sezione, contiene (in una nuova e pregevole traduzione) i racconti: Nyarlathotep; La testimonianza di Randolph Carter; Polaris, Celephaїs, Sotto il chiarore lunare, La “cosa” sul campanile e I sogni di Yith. Mentre i primi quattro sono già presenti sia nelle antologie Newton che Mondadori e il quinto solo in Newton, gli ultimi due sono presentati qui per la prima volta in italiano.

Il volume si conclude poi con un altro saggio di Giuseppe Magnarapa e un indice dei nomi.

Oniricon, pertanto, si presenta come un volume di altissimo pregio, sia per contenuti che per cura editoriale e non può mancare nella biblioteca di un vero cultista lovecraftiano…

Concludo tornando in maniera puntuale ed esaustiva sulle epistole. Come noto, ho già ampiamente analizzato le edizioni italiane di tutta l’opera di H.P. Lovecraft in varie occasioni: ripercorrendo l’opera completa in Italia, partendo dalle edizioni più vecchie e dando risalto a quelle maggiormente commerciabili e utili, anche in un aggiornamento recente sulle nuove edizioni del 2016/17, nonché affrontando anche l’analisi dell’intero epistolario in una ancor più recente occasione.

Rispetto, appunto, a questa recente analisi delle lettere di Lovecraft, che invito a consultare in parallelo alla lettura di questo articolo, mi è quindi possibile offrire una tabella riassuntiva dei contenuti di Oniricon che pone appunto a confronto le 41 lettere di questo nuovo volume con le precedenti edizioni e con la raccolta delle Selected letters americana, di cui si ripropone la numerazione originale: ecco, quindi, che nella prima colonna trovate il numero che contraddistingue le lettere degli epistolari americani (5 voll. di Selected Letters della Arkham House), per totali 930 lettere, a cui ho aggiunto, in calce, alcune lettere da me numerate seguendo la numerazione originale, assenti nelle Selected letters, ma presenti in questo volume (tratte, come accennato supra, soprattutto dal volume The H.P.Lovecraft Dream book); nella seconda colonna trovate il destinatario, mentre nella terza la data di compilazione (in ordine cronologico). Seguono i riferimenti di presenza in edizioni italiane: la 4a e 5a colonna sono dedicate alla indicazione di quali lettere sono presenti nel volume “Lettere dall’altrove” (ed. Mondadori, a cura di Giuseppe Lippi) con la relativa pagina di riferimento; la 6a e 7a colonna, in modo similare, sono dedicate alla indicazione di quali lettere sono presenti nel volume “L’orrore della realtà” (ed. Mediterranee, a cura di Sebastiano Fusco e Gianfranco De Turris) sempre con la relativa pagina di riferimento. Nell’ultima colonna, infine, è indicata la presenza, integrale o per frammenti, in altri volumi italiani e più nello specifico “Istantanee” (ed. Mondadori), “Il libro dei gatti” (ed. Il Cerchio, a cura di Pietro Guarriello) e “Il vento delle stelle” (Ed. Agpha press, sempre a cura di S. Fusco), ma soprattutto è indicata la presenza nel presente volume Oniricon.

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Concludo augurandoVi una buona lettura!

Le lettere di H.P. Lovecraft
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Ho già affrontato l’analisi precisa delle edizioni italiane di tutta l’opera di H.P. Lovecraft in due occasioni: ripercorrendo l’opera completa in Italia, partendo dalle edizioni più vecchie e dando risalto a quelle maggiormente commerciabili e utili, e in un aggiornamento recente sulle nuove edizioni del 2016/17. Restava però da affrontare il titanico argomento delle lettere, in buona parte tuttora inedite in Italia: un durissimo lavoro, che però qualcuno doveva pur fare… E quel qualcuno sono stato io.

Di seguito trovate l’analisi dei principali testi contenenti le lettere di Lovecraft. Nella prima colonna trovate il numero che contraddistingue le lettere degli epistolari americani (5 voll. di Selected Letters della Arkham House), per totali 930 lettere, a cui ho aggiunto, in calce, alcune lettere da me numerate seguendo la numerazione originale, assenti nelle Selected letters, ma presenti in alcune edizioni italiane (evidentemente tratte da altre fonti o epistolari americani). Nella seconda colonna trovate il destinatario, mentre nella terza la data di compilazione (in ordine cronologico). Seguono i riferimenti di presenza in edizioni italiane: la 4a e 5a colonna sono dedicate alla indicazione di quali lettere sono presenti nel volume “Lettere dall’altrove” (ed. Mondadori, a cura di Giuseppe Lippi) con la relativa pagina di riferimento; la 6a e 7a colonna, in modo similare, sono dedicate alla indicazione di quali lettere sono presenti nel volume “L’orrore della realtà” (ed. Mediterranee, a cura di Sebastiano Fusco e Gianfranco De Turris) sempre con la relativa pagina di riferimento. Nell’ultima colonna, infine, è indicata la presenza, integrale o per frammenti, in altri volumi italiani e più nello specifico “Istantanee” (ed. Mondadori), “Il libro dei gatti” (ed. Il Cerchio, a cura di Pietro Guarriello) e “Il vento delle stelle” (Ed. Agpha press, sempre a cura di S. Fusco), oltre a un’unica lettera in Studi Lovecraftiani n. 12-bis.

Vi prego di considerare il materiale riservato e di citare la fonte in ogni caso. Buona lettura!

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William Chambers Morrow – Il Creatore di Mostri – Recensione
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Providence press è una nuova e agguerrita casa editrice, che sta cercando di recuperare alcune delle perle introvabili della narrativa pulp e weird di fine ‘800.

In questa riscoperta, dopo Harrison, il detective di R.E. Howard, nella stessa collana ecco arrivare William Chambers Morrow, uno dei precursori di Bierce e Lovecraft, come sapientemente illustrato nell’ottima introduzione del sempre minuzioso Giacomo Ortolani, che apre un nuovo tassello nell’albero genealogico del weird.

Il volume (che omaggia il primo e ritengo migliore dei racconti) si intitola Il creatore di mostri e altre storie dell’orrore, anche se in questo è forse fuorviante: i racconti di Morrow spaziano tra i generi e sono weird nel senso più ampio del termine, perché sono sorprendenti e bizzarri, difficili in realtà da circoscrivere a un genere preciso.

Del resto Morrow scrive in tempi ampiamente precedenti la narrativa di genere contemporanea, senza poter prevedere gli stilemi che sarebbero seguiti a lui e ai suoi successori: così ecco che accanto a racconti dalle forti sfumature horror, ce ne sono altri molto diversi, dove lo straniamento volge al thriller o alla proto-fantascienza, in una purezza di stile che ricorda appunto “liberi” autori come Bierce o Chambers, in bilico sul gotico, ormai lasciato alle spalle, e orientati verso un nuovo modo di stupire il lettore.
Un caso editoriale quindi, che per stranezza mi ricorda autori come Grabinski o persino Ligotti, quello più surreale di Teatro Grottesco.

Il volume, come accennato, contiene il saggio introduttivo W.C. Morrow, uno scrittore “famosamente oscuro” di Giacomo Ortolani e dieci racconti: Il creatore di mostri è il racconto più strabiliante di tutti, con sfumature di horror e quasi proto-fantascientifiche di altissimo spessore; Il nemico invincibile è un racconto dalla forte pressione psicologica, che mi ha ricordato lo stile di Poe.

Lo stiletto permanente è un racconto di grande impatto, curioso nello sviluppo e nel finale, così come lo sono i successivi La porta sbagliata e L’automa maledetto, mentre Lo scassinatore posseduto è un altro brillante risultato di weird su un tema che ritroveremo in storie più recenti e che tuttora ricorre nelle storie horror, sia scritte che su pellicola (non voglio spoilerare nulla, ma… quando capirete cosa intendo, mi stringerete la mano!).

La resurrezione della piccola Wang Tai è un racconto divertente e più poetico degli altri, mentre Un barlume di insolito e L’amuleto fedele sono nuovamente di un surreale molto bizzarro e diciamo pure di grande divertissement e ironia; mentre ancora L’ombra tenebrosa rappresenta un archetipo suggestivo, dal finale sorprendente, che nuovamente gioca su temi che la letteratura posteriore saprà riproporre e ristrutturare in molte sfaccettature.

Insomma, indubbiamente non è il classico volume di storie horror, ma rappresenta un elemento di storia della narrativa weird e grottesca di grande curiosità: un tassello prezioso nella riscoperta della storia letteraria del genere, almeno in Italia dove di questo autore erano stati pubblicati due soli racconti.

Caratteristiche del volume:

  • brossurato 14,8×21
  • 168 pagine

  • euro 14,90
Clive Barker – Schiavi dell’inferno – Recensione
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Proseguendo nella lettura di Barker, di cui ho già recensito Anime torturate, non potevo che affrontare Schiavi dell’Inferno, la storia da cui è tratto il celebre film Hellraiser, primo di una lunga e fortuna serie che ha reso celebre il personaggio di Pinhead, demone con la testa piena di chiodi, sacerdote del dolore e del piacere, nell’Ordine dei Cenobiti.

Indipendet legions ha recentemente ripubblicato il volume, insieme al suo seguito (Vangeli di Sangue, che sto leggendo e di cui parlerò prossimamente e che mi sta letteralmente conquistando).

Dalla quarta di copertina: La novella da cui è stato tratto il celebre film Hellraiser (1987) e che ha dato vita all’iconico personaggio di Pinhead. L’insaziabile appetito di Frank Cotton per i piaceri più estremi lo ha condotto a risolvere l’enigma della scatola di Lemarchand, un portale in grado di garantire l’accesso a un mondo extra-dimensionale abitato dai Cenobiti, membri di un ordine religioso dedicato a insondabili ed estremi piaceri carnali, che lo hanno imprigionato in uno stato di non-esistenza di eterna tortura e sofferenza. Ma la moglie di suo fratello, Julia, ha scoperto un modo per riportare in vita Frank e liberarlo dalla sua prigione di dolore, anche se il prezzo da pagare sarà terribile. Illustrazione di copertina di Daniele Serra. 185 Pagine. Lingua Italiana

Lo stile di Barker è abbastanza asciutto ed essenziale, pur con tratti di maggior profondità, ma questo non vuole essere un difetto, anzi permette di far scorrere il testo piacevolmente. Forse, solo a tratti rari, il dialogo quasi da scenggiatura cinematografica, avrebbe potuto consentire una più schematica partizione dei personaggi, attraverso una più articolata descrizione dei loro gesti o sentimenti, ma indubbiamente questo avrebbe rallentato il dialogo che comunque è pressoché sempre ben strutturato e funzionale alla narrazione.

Come sempre, Barker infarcisce il testo con elementi sadomasochistici, che ne sono il tratto peculiare e distintivo: diciamo che se la cosa non aggrada, forse è meglio soprassedere dalla lettura di Barker in generale, ma al contempo è una sua peculiare visione dell’orrore. Del resto, il fatto che dei demoni che vogliono torturare le loro vittime, anime e corpo, siano dei carnefici, quasi macellai, capaci di far sopravvivere un corpo durante torture ingegnose a base di uncini, catene, lame etc, non è assolutamente fuori posto nel genere di riferimento, né così lontana dalle cupe atmosfere infernali cui lo stesso Dante Alighieri ci ha abituato in letteratura più alta: i demoni Barkeriani sono più moderni e contemporanei, ma pur sempre dei demoni.

In realtà questa componente è solo una cornice del testo, perché il grosso della trama è incentrato sul rapporto “malato” che unisce Julia e Frank, il fratello di suo marito che sta cercando di ricomporre e liberare dalla prigionia dei Cenobiti: la violenza è quella di una coppia di amanti, perversi e malvagi, molto umana e terrena.

L’idea della Scatola di Lemarchand, un marcingegno capace di aprire un varco tra i mondi, è semplicemente geniale: i Cenobiti sono più raffinati di quanto la pellicola possa far trasparire. Il loro tipo di piacere si manifesta nel risvegliare capacità sensoriali estreme, che Barker descrive con maestria e lucidità.

Guardando il film, fin dalla prima volta, ho sempre pensato che la storia fosse molto più raffinata e originale di quanto il merchandise dei film possa lasciar fugacemente immaginare e questo libro conferma maggiormente l’idea: assai più del film, con quasi un baratro in mezzo, si presenta come una storia horror ben strutturata e scritta magistralmente. Una pietra miliare della narrativa di genere.

L’edizione, come per Anime torturate, è ben curata nonostante il carattere sia lievemente piccolo e la tipologia di stampa non sia eccelsa (la copertina è molto sottile) e potrebbe invogliare ad acquistare le edizioni di lusso, in edizione numerata e limitata, che saranno caratterizzate da carta di qualità, rilegatura e immagine esclusive.

Si legge comunque in poche ore e divorandolo con piacere.

 

 

Clive Barker – Anime torturate, La leggenda di Primordium – Recensione
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Da qualche mese Indipendent Legions ha recuperato un Autore simbolo della wave horror anglofona e cioè Clive Barker, famosissimo per la saga di Hellraiser, nota anche a livello cinematografico.

Recentemente è stato pubblicato, sia in ebook che cartaceo, il volume Anime Torturate – La leggenda di Primordium.

Dalla quarta di copertina: Prima Edizione Italiana della novella ‘Tortured Souls – The Legend of Primordium’ di Clive Barker (2001). Nella leggendaria ” prima città ” nota come Primordium, un’antica entità conosciuta come ” Agonistes ” ascolta le preghiere dei supplicanti, persone in cerca di riscatto dal potere assoluto dell’Imperatore e dal giogo della dinastia dei Perfetti, e li trasforma in una combinazione di arte, magia e dolore, in avatar di violenza e vendetta. Lucidique, il Mongroide, Il Maestro delle Falci e Venal Anatomica, le creazioni più aberranti di Agonistes, dominatore dell’oscuro deserto che circonda la città, e del folle scienziato Talisac, metteranno a ferro e fuoco Primordium, nel tentativo di rovesciare l’Impero. Una ‘rivoluzione’ a tinte horror.
Illustrazione di copertina di Ben Baldwin, traduzione di Francesca Noto

Personalmente non avevo mai letto nulla di Barker (anche se sto leggendo Schiavi dell’inferno, che prossimamente recensirò) ed ero molto curioso, ma anche titubante, nel conoscere il suo stile: temevo abbondasse di splatter che, a livello narrativo, trovo sempre ridondante e sterile e invece ho potuto constatare che è molto misurato nelle descrizioni. Spesso lascia intendere, più che descrivere, nonostante siano frequenti i riferimenti a pratiche estreme e violente, tratti sadomasochistici, che peraltro sono uno degli elementi che sicuramente lo hanno caratterizzato a livello di immaginario collettivo.

La storia nasce come insieme di 6 “capitoli” che erano originariamente d’accompagnamento a 6 action figures della McFarlane Toys e che sostanzialmente servivano anche a presentare i 6 personaggi dei modellini: quelli indicati sopra, nella descrizione dalla quarta.

I vari capitoli sono stati poi raccolti nel volume, ora edito in Italiano, ben curato nonostante la tipologia di stampa che ricorda il print-on-demand di Amazon e che potrebbe invogliare ad acquistare le edizioni di lusso, in edizione numerata e limitata, che saranno caratterizzate da carta di qualità, rilegatura e immagine esclusive.

Inizialmente la trama apre uno spiraglio molto suggestivo e geniale, sulla possibilità che il settimo giorno della creazione Dio non si sia riposato, ma abbia continuato a creare e – stanco – abbia fatto qualche “errorino”, come i demoni, tra cui Agonistes.

Il seguito cala di tono, rientrando in una tipologia di storia più comune, in quanto strutturata su piani di vendetta e necessità di alcuni personaggi di fare giustizia.

La storia si apre quindi sulla città di Primordium, in un’atmosfera che in primis mi ha ricordato lo stile delle città antiche dal sapore Howardiano e, in effetti, la trama avrebbe tutti gli elementi per essere quasi sword&sorcery, se non fosse che rapidamente il tutto sterza verso un’ambientazione più moderna, quasi post-apocalittica, dai tratti quasi fantascientifici.

Da grande amante del fantastico, francamente un’atmosfera “classicheggiante” mi avrebbe anche appassionato di più, ma complessivamente la storia mantiene la sua efficacia, nonostante i personaggi appaiano molto meno schiavi della loro “rinata” condizione di creature di Agonistes, rispetto a quanto si potrebbe pensare, mantenendo tratti ed emozioni molto pure e umane, che in parte stridono con la visione d’insieme, diluendo la sospensione dell’incredulità: lasciando perennemente in bilico il lettore, combattuto rispetto a questi “anti-eroi” molto peculiari, a cui però non ci si può che affezionare, almeno rispetto ai protagonisti della storia, condividendone il più possibile le sorti.

Forse non si tratta dell’opera migliore di Barker, essendo breve (circa 80 pagine) e dalla genesi molto peculiare e “commerciale”, ma indubbiamente permette di conoscere l’Autore, invitando magari ad altre letture (ripeto, Schiavi dell’inferno, ora in lettura, già si presenta molto più suggestivo) e comunque offre una storia piacevole, per il divertimento leggero di una sera (in un’oretta si legge in tutta scioltezza).

It – 1a parte – Recensione
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Dopo lunga attesa, ecco finalmente il film di It, prima parte di una versione in due capitoli che, per la prima volta al cinema (la miniserie degli anni ’90, che resta un cult non scalzato da questa moderna, era apparsa in TV e home-video), si offre di mostrare in pellicola le vicende dell’omonimo romanzo di S. King.

Il film ha un cast giovanissimo, in cui tutti sono molto bravi: unica critica è il personaggio di Richie, che nel libro è caratterizzato molto bene, con mille vocine e sotto-personaggi buffi, e per cui hanno scelto l’attore più noto (per Stranger Things), Finn Wolfhard. Ebbene, il personaggio è in effetti sboccatamente divertente, ma molto banalizzato e appiattito rispetto alla fantasiosa idea originale: francamente pare che non sia stato fatto alcuno sforzo per sviluppare il personaggio.

Questa prima metà si concentra sulla parte ambientata nell’infanzia dei protagonisti (ambientazione anni ’80 in questa versione per renderla più contemporanea) ed il film in sé si può considerare carino: nella misura in cui l’opera di King è in realtà un grande e corale romanzo sull’infanzia e la bellezza dell’estate giocando con gli amici all’aperto e sull’importanza della grande e vera amicizia, ecco che questo film centra abbastanza il bersaglio, offrendo una pellicola molto comica e divertente.

Tuttavia, It non è i Goonies e questo film non era un remake di “Scuola di Mostri”, come si potrebbe essere portati a pensare quando si esce dal cinema…

It ha una seconda componente che è quella dell’orrore: sia l’orrore cosmico e assoluto, nel senso più Lovecraftiano (che il romanzo omaggia), sia quello delle paure inconsce, delle piccole psicosi, che globalmente investono il sistema sociale e diventano un ricambio costante di impulsi con il substrato urbano. Perchè, infatti, nella visione di King, alcuni posti sono il male e il male crea i luoghi e le persone, se non sai affrontarlo (e qui mi limito a una parola, con tutti i simboli e le metafore, anche filosofiche e religiose che seguono: “tartaruga”. Simbolo ben presente nel film, anche se buttato in mezzo un po’ a casaccio).

Su questa seconda componente il film penso manchi clamorosamente il bersaglio: qualche scena d’effetto c’è, ma in generale la storia si discosta da quel clima di terrore che aleggia nelle pagine e nella versione anni ’90, offrendo a tratti splatter fine a sé stesso, ma calando di intensità e atmosfera.

Soprattutto, è il finale a deludere, e qui segue un piccolo SPOILER…

Ho detto SPOILER…

Soprattutto il finale scivola in un clamoroso ennesimo “tarallucci e vino” in stile USA: Pennywise – in una sala dove tutti i bambini scomparsi (non mangiati?) letteralmente “galleggiano” (volano?) – viene letteralmente saccagnato di botte dai perdenti, i ragazzini riuniti fra loro, mentre nel romanzo – cosa in cui anche la pellicola anni ’90 aveva fallito – c’è una poetica visione di un rito magico per instaurare un legame mentale con il mostro e distruggerlo sconfiggendo le paure nel legame con gli amici e gli affetti profondi. Una metafora perfetta di quello che nella vita è il continuo duello con i mali e i problemi reali, che nuovamente si perde nella trasposizione su pellicola del libro.

CONCLUSIONE: Insomma, il film in sé è carino, ma non è affatto una trasposizione fedele del romanzo, come ci avevano illuso, e francamente lo ritengo un’occasione persa per fare di meglio, perché davvero il film delude e non convince.

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H.P. Lovecraft – Aggiornamento sulla bibliografia al 2017
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Come noto, da tempo ho analizzato la bibliografia essenziale su H.P. Lovecraft in Italia, che trovate a questo link e a cui mi riporto integralmente, in quanto resta esaustiva e sostanzialmente completa.

Tuttavia, in tempi recenti, Mondadori ha pubblicato alcuni volumi che rendono necessario un chiarimento e un approfondimento ulteriore, che trovate in questo articolo.

Infatti, da poco (ottobre 2017) è uscita una nuova edizione di tutti i racconti, con una nuova copertina di Breccia, che francamente è molto più bella del precedente volumone omnia (che aveva una immagine davvero fuori tema): il volume, a livello contenutistico, è esattamente lo stesso dei precedenti volumi singoli. Sono contenuti in ordine tutti i racconti, poi i racconti in collaborazione e infine quelli giovanili. Resta sempre esclusa, non si capisce perché, la parte di poesie ed epistole e in particolare mancano i Funghi di Yuggoth (francamente qualcosa si poteva recuperare in queste nuove edizioni, magari dividendo il materiale in modo più comodo da leggere, visto che in pratica è un vocabolario).

Tutti i racconti

Inoltre, tra 2016 e 2017 sono usciti due volumi di simil-pregio. Si tratta di “Cthulhu I racconti del mito” e “Necronomicon”. Li definisco di simil-pregio perchè di fatto si tratta di cartonati (Collana I Draghi) in materiali abbastanza comuni, con bordo pagina tinto rispettivamente in nero e rosso e illustrazioni all’interno, ma che non sono in realtà particolarmente eccelse (la copertina di Cthulhu è molto fumettistica e poco rispettosa del disegno originale di Lovecraft, sulla cui fisionomia oculare mi sono dilungato lungamente nel mio saggio; più gradevole il Necronomicon che imita veri libri antichi, ma siamo lontani dalla bellezza de I Meridiani!).

Questi due volumi raccolgono la parte fondamentale dell’opera di Lovecraft, ma non tutto il materiale già presente nei singoli volumi o nel volume omnia: sono, in particolare, totalmente assenti i racconti giovanili e la maggior parte delle collaborazioni.

Ci sono poi ottimi apparati critici, in particolare di Giuseppe Lippi, che sono una novità rispetto al passato: Necronomicon contiene una antologia di brani tratti da vari racconti che citano o concernono il volume proibito.

L’ironia vuole che nel volume Necronomicon sia però assente il racconto “Storia e cronologia del Necronomicon”, che era già contenuto nel volume “Cthulhu”, ma che forse poteva essere ristampato (parliamo di due pagine scarse di – cito a memoria – un frammento epistolare).

Di seguito riporto l’elenco completo dei racconti, come già presenti nei singoli volumi, evidenziando in rosso quelli presenti nel volume Necronomicon e in blu quelli presenti nel volume Cthulhu: restano pertanto esclusi dai due nuovi volumi tutti i racconti privi di colore a evidenziarli.

Tutti i racconti, Vol. I – 1897-1922

La tomba – 1917

Dagon – 1917

La stella polare – 1917

Oltre il muro del sonno – 1919

Memoria – 1919

Ex barone – 1919

La scomparsa di Juan Romero – 1919

La Nave Bianca – 1919

La rovina di Sarnath – 1919

La dichiarazione di Randolph Carter – 1919

Il Terribile Vecchio – 1920

L’albero – 1920

I gatti di Ulthar – 1920

Il tempio – 1920

La verità sul defunto Arthur Jermyn e la sua famiglia – 1920

La Strada – 1920

Celephaїs – 1920

Dall’altrove – 1920

Nyarlathotep – 1920

Un’illustrazione e una vecchia casa – 1920

Ex Oblivione – 1920-1921

La città senza nome – 1921

La ricerca di Iranon – 1921

La palude della luna – 1921

L’estraneo – 1921

Gli altri dei – 1921

La musica di Erich Zann – 1921

Herbert West, rianimatore – 1921-1922

Hypnos – 1922

Sui raggi di luna – 1922

Azathoth – 1922

Il segugio – 1922

La paura in agguato – 1922

La bottiglia di vetro – 1897 (racconto giovanile)

La caverna segreta, o l’avventura di John Lee – 1898 (racconto giovanile)

Il mistero del camposanto, o la vendetta del morto – 1898 (racconto giovanile)

La nave misteriosa – 1902 (racconto giovanile)

L’essere nella caverna – 1905 (racconto giovanile)

L’alchimista – 1908 (racconto giovanile)

Il Prato verde – 1918-1919 con Winifred V. Jackson

La poesia e gli dei – 1920 con Anna Helen Crofts

La visione del caos – 1920-1921 con Winifred V. Jackson

L’orrore di Martin’s Beach – 1922 con la moglie, Sonia Green

 

Tutti i racconti, Vol. II – 1923-1926

I topi nel muro – 1923

Innominabile – 1923

La ricorrenza – 1923

La Casa sfuggita – 1924

Orrore a Red Hook – 1925

L’incontro notturno – 1925

Nella cripta – 1925

La discesa – 1926?

Aria fredda – 1926

Il richiamo di Cthulhu – 1926

Il modello di Pickman – 1926

La chiave d’argento – 1926

La casa misteriosa lassù nella nebbia – 1926

Alla ricerca del misterioso Kadath – 1926-1927

Ceneri – 1923 con C.M.Eddy jr.

Il divoratore di spettri – 1923 con C.M.Eddy jr.

I cari estinti – 1923 con C.M.Eddy jr.

Cieco, sordo e muto – 1924 con C.M.Eddy jr.

Sotto le Piramidi – 1924 per conto di Harry Houdini

Due bottiglie nere – 1926 con Wilfred Blanch Talman

 

Tutti i racconti, Vol. III – 1927-1930

Il caso di Charles Dexter Ward – 1927

Il colore venuto dallo spazio – 1927

L’antica gente dei monti – 1927

Storia del Necronomicon – 1927

Ibid – 1928?

L’orrore di Dunwich – 1928

Colui che sussurrava nelle tenebre – 1930

L’ultimo esperimento – 1927 con Adolphe De Castro

La maledizione di Yig – 1928 con Zealia Brown Bishop

Il boia elettrico – 1929 con Adolphe De Castro

K’n-yan – 1929-1930 con Zealia Brown Bishop [The Mound]

L’abbraccio di Medusa – 1929 con Zealia Brown Bishop

 

Tutti i racconti, Vol. IV – 1931-1936

Le Montagne della Follia – 1931

La maschera di Innsmouth – 1931

La casa delle streghe – 1932

La cosa sulla soglia – 1933

Il prete malvagio – 1933

Il libro – 1933

L’ombra calata dal tempo – 1935

L’abitatore del buio – 1935

La trappola – 1931 con Henry S. Whitehead

L’uomo di pietra – 1932 con Hazel Heald

L’orrore nel museo – 1932 con Hazel Heald

Attraverso le porte della Chiave d’Argento – 1932-1933 con E. Hoffmann Price

La morte alata – 1933 con Hazel Heald

Dall’abisso del tempo – 1933 con Hazel Heald

L’orrore nel camposanto – 1933/1935 con Hazel Heald

L’albero sulla collina – 1934 con Duane W. Rimel

Il “match” di fine secolo – 1934 con R.H. Barlow

“Finché tutti i mari…” – 1935 con R.H. Barlow

L’esumazione – 1935 con Duane W. Rimel

Universi che si scontrano – 1935 con R.H. Barlow

Il diario di Alonzo Typer – 1935 con William Lumley

Nel labirinto di Eryx – 1936 con Kenneth Sterling

L’oceano di notte – 1936 con R.H. Barlow

Rimembranze del Dr. Samuel Johnson – 1917 (racconto giovanile)

La dolce Ermengarda, ovvero: Il cuore di una ragazza di campagna – ? (racconto giovanile)

Sfida dall’ignoto – 1935 round-robin-story di Catherine L.Moore, Abraham Merrit, H.P. Lovecraft, Robert E. Howard, Frank Belknap Long

 

Valerio Evangelisti – Eymerich risorge – Recensione
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Da pochi mesi è uscito un nuovo capitolo della saga dedicata all’Inquisitore Nicolas Eymerich, dello scrittore bolognese Valerio Evangelisti (Ed. Mondadori). L’Autore sembrava aver concluso la saga del suo primo e più celebre personaggio qualche anno fa, con il libro Rex tremendae maiestatis, ma – dopo alcuni anni dedicati a coltivare altri cicli e opere – ecco che fortunatamente Evangelisti ha deciso di far “risorgere” il personaggio.

Personalmente considero il ciclo di Eymerich come un capolavoro imperdibile, l’opera fantastica più riuscita della contemporaneità (italiana e non) e l’Autore, Evangelisti, un genio al pari di maestri come Lovecraft. Il ciclo di Eymerich auspico sia destinato a segnare l’immaginario collettivo a lungo e questo nuovo libro lo conferma.

La scrittura è come sempre snella ma efficace: Evangelisti ha il dono di saper dosare parole e aggettivi e in poche righe delineare alla perfezione scenari e situazioni, come pochi scrittori sanno fare.

Accanto a Eymerich, in questa storia – vero e proprio revival del ciclo – recuperiamo i principali personaggi della saga, come Padre Corona, il notaio Berjavel, e il boia Gombau, oltre al prof. Frullifer (che segna alcune delle parti più comiche del volume). Sul lato fantascientifico, recuperiamo il personaggio di Lilith, proprio dove il precedente libro si era interrotto.

I rimandi ad altri episodi della saga e a personaggi di altre storie sono numerosi e quasi difficili da cogliere sempre, mentre la storia sviluppa la classica quest con indagini e “spionaggio” dal sapore inquisitorio che è la matrice classica delle storie di Eymerich, accanto a scene più horror e a fenomeni sovrannaturali, ai confini con gli ufo, che strizzano l’occhio al weird.

La sola critica che muovo è che verso la fine il testo appaia eccessivamente sbrigativo e leggermente confuso (v. sotto spoiler): viene spontaneo domandarsi se non sia una precisa scelta che presagisca futuri nuovi libri della saga che, personalmente, aspetterò con ardore.

Lettura comunque consigliatissima!

Link: http://www.librimondadori.it/libri/eymerich-risorge-valerio-evangelisti

Segue SPOILER:

SPOILER

Dal titolo era chiaro fin da subito che Eymerich sarebbe risorto, in tutti i sensi. Il libro è la resurrezione figurata del personaggio letterario, ma nel corso della storia il personaggio del protagonista inquisitore – come immaginabile e preannunciato, in piena logica con il sapore della storia – muore e risorge davvero. Proprio il passaggio tra morte e rissurrezione viene francamente gestito da Evangelisti con un salto, non chiaro nemmeno al protagonista della storia, che ancora meno risulta comprensibile al lettore, al punto da creare una difficoltà di comprensione della trama e bloccare la sospensione dell’incredulità. Insomma, proprio la resurrezione di Eymerich, che dà il titolo al libro, è la parte meno riuscita, più confusa e che solleva maggiori domande (non risposte) di tutta la trama. Un vero peccato!

Victor LaValle – La ballata di Black Tom – Recensione
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Recentemente è uscita per Hypnos editore, da sempre in primo piano nel weird italiano, l’edizione italiana de La ballata di Black Tom, romanzo breve di Victor LaValle, vincitore del Shirley Jackson Award 2016 e FINALISTA ai più importanti premi narrativi di genere (Bram Stoker Award, Hugo Award, Nebula Award) e di cui pare in preparazione una versione televisiva prodotta da AMC.

La trama, dal sito dell’editore: New York, anni Venti. Charles Thomas Tester è un “intrattenitore” nella Harlem del jazz. Lui sa come lanciare un incantesimo anche senza magia e come attirare la gente. Ma quando dovrà consegnare un pericoloso libro a una maga solitaria nel cuore del Queens e s’imbatterà in un ricco occultista di nome Robert Suydam a Flatbush, sulle cui tracce è l’investigatore Thomas Malone, il giovane nero di Harlem aprirà la porta a un regno di profonda e imperscrutabile magia, attirando l’attenzione di creature che sarebbe meglio lasciare dormienti. L’umanità sarà davvero spazzata via? Il globo tornerà di nuovo ad appartenere a… Loro?

Il romanzo, di circa 98 pagine, rappresenta una variazione sul celebre racconto del 1927 di H.P. Lovecraft “Orrore a Red Hook”, di cui incrocia e intreccia la trama, recuperandone i protagonisti, in una sorta di spin-off, o prequel, che semplicemente ci mostra la storia da un’altra prospettiva e fornendo informazioni ulteriori.

Devo ammettere che 3/4 buoni del romanzo e soprattutto le prime 70 pagine circa sono tra le migliori letture weird che abbia fatto di recente: il testo convince, tocca vette di immaginario e orrore cosmico altissime e con una bravura narrativa davvero encomiabile.

Se dovessi muovere due critiche alla storia sarebbero solo le seguenti: verso la fine la storia scivola eccessivamente nel gore, con punte di azione e violenza che reputo personalmente eccessive, anche rispetto al tono e allo stile di Lovecraft e del testo originale.

Sempre verso la fine della storia, anche rileggendo l’originale racconto di Lovecraft, anzi soprattutto rileggendolo “assieme” alla lettura di LaValle, trovo alcuni dettagli un po’ stridenti con la storia originaria.

Forse LaValle avrebbe avuto tutti gli elementi per creare un racconto totalmente originale, con solo personaggi propri, autonomo rispetto a “Orrore a Red Hook”, che come tale sarebbe stato ancor più convincente.

In ogni caso consiglio caldamente la lettura di questa bellissima storia horror, che si può – anche più dell’originale Lovecraftiano da cui trae le sorti – ascrivere al ciclo dei Grandi Antichi… Non dico di più, ma la copertina italiana di Torello è già significativa ed evocativa!

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Per maggiori info rimando al sito dell’editore: http://www.edizionihypnos.com/home/68-la-ballata-di-black-tom.html

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Dylan Dog & Dampyr – Recensione
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Questo mese Dylan Dog e Dampyr si incontrano per la prima volta in una storia doppia frazionata tra Dyd 371 e Dampyr 209. Con doppia cover (componibile) di entrambe le testate giusto per massimizzare i profitti con collezionisti come me… Imperdibile cross-over su cui non voglio fare spoiler, per cui mi limiterò a dire, della trama, che Dylan Dog si troverà coinvolto in una missione insieme ad Harlan Draka, il dampyr, e il suo gruppo, per farmere i piani di un maestro della notte, cioè un vampiro…

La prima parte della storia è su Dylan Dog, scritto da Recchioni (che non amo particolarmente) con la collaborazione di Giulio Antonio Gualtieri, mentre ai disegni troviamo un semplicemente fenomenale Daniele Bigliardo; la seconda parte è su Dampyr, con testi del “boss” Boselli e disegni del maestro “dylaniato” Brindisi. Copertine rispettivamente dei soliti Cavenago e Riboldi, belle in entrambe le variant cover.

La prima parte della storia è caratterizzata da accessiva azione: francamente si supera il limite che ritengo sarebbe congruo con la storia e la location, soprattutto nello spirito che dovrebbe caratterizzare la testata di Dog, rispetto a Dampyr. Il personaggio di Dylan, come troppo spesso nella produzione Recchioni, mi pare ridotto a una macchietta, un’accozzaglia di stereotipi sul personaggio che lo rendono quasi ridicolo, anzi grottesco. Invece Harlan, il dampyr, si presenta come una sorta di Rambo, spietato e feroce, che francamente pare difficile riconoscere nel noto e riflessivo Harlan. La storia si presta bene comunque a far incrociare i personaggi e offre anche alcune belle scene horror, dal forte impatto, anche visivo (grazie a Bigliardo). Personalmente, però, avrei gradito un approccio più soft e “nobile” nell’incontro tra questi due personaggi Bonelliani, che poteva ben nascere sulla nota professione di Dog, personaggio pubblico notorio nel suo mondo, su segnalazione magari del guardiano angelico che nella trama di Dampyr ha sempre un ruolo fondamentale e invece appare totalmente assente in questa storia, in cui Recchioni pare quasi far incrociare i personaggi per caso, in realtà sulla base di uno studiato escamotage narrativo che predilige i suoi stilemi, ma senza convincere troppo.

La seconda parte della storia, sulle pagine di Dampyr, torna a un buon e migliore equilibrio tra i personaggi e si presenta molto più valida, concludendo più che degnamente il tutto. Dylan viene recuperato come personaggio, creando la giusta fraternità e amicizia con gli altri personaggi che, del resto, hanno sempre fraternizzato con tutti e proprio non si capiva perchè dovessero apparire così contrari a un Dylan che, improvvisamente, sveste l’abito da “imbranato” che aveva nella prima parte della storia e recupera il carisma di un investigatore dell’incubo che da decenni, ben prima che Bonelli facesse nascere l’altra collana di Dampyr, ha affrontato mostri e assassini in situazioni che spesso nulla avevano da invidiare a quelle di Harlan e compagni.

Complessivamente è un bel arco narrativo, che rende piacevole e riuscita la storia e che forse ci riserverà futuri nuovi incontri…

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