Francesco Brandoli, nato a Castel San Pietro Terme (BO) nel 1981, è sempre stato un amante del fantastico, iniziando a scrivere e disegnare fin da bambino. Avvocato civilista, esercita la professione forense a Bologna, dove vive.
Dal 2006 viene pubblicato dai principali editori specializzati nel fantastico in Italia (e recentemente anche in Francia), partecipando a varie antologie quali la rassegna di fantascienza Futuro Europa (Ed. Perseo/Elara), l’antologia fantasy I figli di Beowulf (Ed. Midgard), il recente volume “Continuum Hopper” (Ed. Della Vigna, 2016), oltre ad essere coinvolto in vari progetti del movimento “Italian Sword & Sorcery”, tra cui “Gli Universi di Ailus – Heroic Fantasy Vol.1” ed “Eroica” di Ed. Watson.
Nel 2014 è stato pubblicato il suo primo romanzo fantasy, “Il Dio del dolore” (Tabula Fati), vincitore del premio “Le figure della Parola”.
È autore anche di alcuni articoli e di un saggio letterario su H.P. Lovecraft per la rivista Studi Lovecraftiani (Ed. Dagon Press) e di un racconto “Bukowskiano” per la rivista Antarès (Ed. Bietti, 2016).
Gestisce un sito personale e blog: www.francescobrandoli.eu
Breve storia dell’Autore…
Fin da bambino ho sempre amato immaginare Storie…
Inizialmente, la mia fervida Fantasia si applicò sui Giocattoli. Se siete nati fra il 1970 e i primi anni ’90, o avete avuto figli in quel periodo, sicuramente avrete capito di quali giocattoli parlo: Master of the Universe, Transformers, Cavalieri dello Zodiaco, Tartarughe Ninja, Lego e soldatini, robot e pupazzi di ogni fattezza e colore.
Anni dopo – sono nato nel 1981 – arrivarono i primi videogames: ma non erano nulla di simile a quello che circola oggi… Erano goffi insiemi di quadratini di pochi colori, con storie banali e insipide. Dopo qualche anno migliorarono, sì, ma erano comunque avventure che con 200 lire e massimo due ore di tempo riuscivi a terminare.
E poi tutti in giardino, a giocare all’aperto, correre con la bicicletta o, se il tempo era brutto o avevi un amichetto di fianco, a creare storie coi Giocattoli succitati. I videogiochi non ci avevano ancora dato alla testa, né avevano assorbito tutta la nostra fantasia.
Se avevi un grosso tavolo rotondo di pietra sotto un albero di ampie fronde, come in giardino da mia Nonna, avevi Camelot o Eternia o qualsiasi Vattelapesca di mondo volessi visitare. E qualsiasi pupetto avesse almeno una mano e una testa e un qualche oggetto simile a un’arma (anche solo un rametto, lo stecco del Mottarello o il pugno plastico del pupetto stesso) poteva diventare qualsiasi altro mitico personaggio o eroe. Perchè erano le gesta che compiva, e non il suo equipaggiamento, a renderlo un eroe: e gli effetti speciali, le luci, le esplosioni, la Magia di Fulmini e Laser, di fumo e oscurità… Quella ce la mettevi Tu.
Certo… C’era la TV e c’era Bim Bum Bam. Ma i Cartoni di allora non avevano nulla a che vedere con quelli di oggi, anche se persino quelli di oggi sono belli, nonostante molti non siano affatto cartoni animati – cioè, come dice e riassume il nome, pezzi di albero lavorato su cui un umano ha rappresentato con vernice qualcosa cui ha dato vita con rapidi movimenti in successione – ma siano videogames di cui sei mero spettatore…
E c’erano i Fumetti e potevi Disegnare, che allora lo facevi davvero: ci passavi ore con una matita Giotto in mano, guardando il ragazzino sulla scatola che ritraeva una pecora su una roccia e ti sentivi come lui. Sentivi che la tua era Arte. E se facevi due più due – che a Scuola ancora ti insegnavano cosa voleva dire e tu cercavi di impararlo perchè ci credevi che fosse importante, perchè speravi davvero di trovare un lavoro comodo che ti desse uno stipendio decente da grande, come un po’ quello che facevano Mamma e Papà… Perchè avevi sentito quanto era stata dura per i Nonni, che si erano spaccati la schiena per qualche soldo durante la Guerra, quella VERA, quella Mondiale, non quella dei Videogiochi o di Rambo… –
Se facevi due più due… Dicevo… Capivi che Pantone, sommato a Disegno, sommato a Voglia-di-creare-Storie, faceva Fumetto: quelli che leggevi e che provavi a disegnare, con vignette storte, zero prospettiva – ché fino a pochi anni prima il cielo era una striscia blu in alto e la terra una verde o marrone in basso – e baloon troppo stretti per quelle quattro parole di discorso che riuscivi a racimolare.
Allora provavi anche a scrivere Storie: Poesie, Racconti, e Romanzi, che illustravi con i Giotto e la polverina e la colla, e per cui un quaderno ti bastava mille e mille volte.
Durante il liceo ho iniziato a scrivere con Word: e non me ne importa se Bill Gates frega il Mondo, limita la concorrenza e fa programmi scadenti, ché Linux e FireFox sono meglio e cavolate varie… Ché da ragazzo ti trovavi Word nel PC, e ringraziavi di avere quelli e ringraziavi di avere un correttore di errori, la possibilità di scrivere e stampare anche 20 copie di quello che avevi scritto, di farlo leggere in giro e che fosse elegante da vedere, quasi come un vero libro e non un quaderno scritto a Bic pieno di scarabocchi e cancellature.
Ho continuato a scrivere e, durante l’Università, mentre studiavo Giurisprudenza – o meglio cazzeggiavo per i bar dell’università in cerca di quelle ragazze vere che ancora ti spezzavano il cuore, mentre Amici e Grande Fratello erano ancora un inconveniente che pensavi sarebbe passati presto – ho migliorato il mio stile, iniziando a leggere molto: la roba che piaceva a me, non quelle pizze che ti danno a scuola perchè sono arte e DEVI leggerle, ma Tolkien, Poe, Lovecraft e altra roba che DEVI leggere perchè merita davvero, perchè è bella e perchè ne parli con gli amici davanti a una birra, una pigra sera autunnale. Anche se, a dire il vero, devo ammettere che Poe me lo aveva consigliato la mia prof. delle medie, insieme ad altra roba fantasy e altre cosette, ché aveva capito che non ero svogliato, ma che semplicemente molta roba mi faceva schifo ed era noiosa, ma l’importante, perchè imparassi a scrivere e parlare era che qualcosa leggessi. Che non fossero solo i fumetti dell’Uomo Ragno o Kenshiro o Topolino o Pazienza… E devo anche dire che ringrazio la mia prof. del ginnasio, che era pure una scrittrice, per avermi insegnato che esistono gli incisi, ed altri 600 trucchetti che mi sono tornati utili. Ed il prof. del Liceo e…e…e…
Ma andiamo avanti. Sempre durante l’Università scopro che non sono sufficientemente bravo a disegnare da fare il Fumettista: me lo dice Giorgio Cavazzano, e – beh, cavolo – di lui mi fido! Peccato, perchè avevo fatto anche un corso della scuola Umpty Dumpty dei Kappa Boys, con Vanna Vinci e Giovanni Mattioli… Ma “continua a scrivere”, mi era stato detto, “che sei bravo”.
Così continuo a scrivere, mando un po’ di roba in giro, finché Ugo Malaguti e la Perseo Libri non mi dicono – finalmente – che gli piace quello che ho scritto e che mi pubblicano qualcosa.
E così arriviamo a oggi, periodo in cui esercito la professione forense a Bologna – che qualcosa per vivere devi pur farlo, di soli sogni non campi – e continuo a scrivere. E se siete arrivati qui, se state leggendo queste righe, forse qualcosa avete già gustato e magari vi è anche piaciuto.
Grazie, Pellegrino, che qui sei giunto in visita, nel tuo girovagare. E se sei curioso di sapere qualcosa delle mie “opere”, visita la pagina My Works. 🙂