Il Disegno dell’Universo
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Nel mio romanzo “Il Dio del dolore”, l’intero creato è simbolicamente rappresentato da disegni che il Creatore – il dio supremo e originario – esegue nella sabbia. Sabbia di multiformi colori e lucentezze, che viene soffiata via dal Vento della creazione e portata nel Mondo (attraverso i Mondi) dove diventa reale.

Questa immagine simbolica ritrova una sua radice diretta nelle tecniche orientali di rappresentazione dei Mandala con la sabbia: il Mandala è un disegno che serve per meditare, per concentrarsi, svuotare la mente e infine entrare in contatto con l’Universo intero.

Il principio base nella cultura orientale è il non-attaccamento; l’accettazione dell’impermanenza, la mutevolezza dell’esistenza. Il dolore si crea quando si cerca di resistere al mutamento. Un po’ come non si fa fatica a nuotare se ci si lascia trasportare dalla corrente, ma diventa difficilissimo e stancante (e letale) provare ad andare contro di essa.

Così, in applicazione di questo principio, dopo aver dedicato ore a concepire un Mandala meraviglioso con la sabbia, ecco che il monaco lo distrugge, con un semplice gesto della mano: meditazione sull’effimero; la fragilità dell’esistenza, la transitorietà delle cose.

Quando l’Antico, il Dio supremo del mio romanzo succitato, spiega al giovane dio della morte e del dolore tutto questo, spiega anche come ogni volta che viene a spostarsi un solo granello di sabbia del disegno (un tassello del mosaico) ecco che improvvisamente tutto cambia. Il Disegno intero non è più uguale a sé stesso. Eppure, il Disegno intero è sempre bello e perfetto. Pensiamoci: se usiamo la stessa sabbia e gli stessi colori, impastandola in continui e diversi disegni, per quanto il Mandala muti, sarà sempre altrettanto bello e altrettanto perfetto. Soprattutto, sarà sempre altrettanto completo. Come in un caleidoscopio.

In un Universo in cui nulla si crea e nulla si distrugge, ogni componente che cambia rende sempre nuovo e da scoprire il Disegno. Se poi andassimo a sostituire la sabbia con altra sabbia, di altri colori, allora ecco che il tutto muterebbe ancora e ancora…

Cos’è un Mandala di sabbia ai nostri occhi? Cos’è un caleidoscopio con cui giochiamo da bimbi? Un giocattolo. Un divertimento.

Agli occhi del Creatore, l’intero Disegno dell’Universo appare come un fragile disegno nella sabbia. Tutto è effimero. Tutto può essere soffiato via. Tutto può essere completamente rigenerato e sostituito.

Ognuno di noi conta quanto un granello di sabbia: non siamo protagonisti di una tela; non siamo la scultura di Michelangelo. Siamo semplici granelli di sabbia.

Ognuno di noi è perfettamente sostituibile.

Il nostro dolore è il voler restare al centro del Disegno. Il volere acquisire un ruolo diverso dal pigmento.

Il nostro pensare che il nostro punto nel mosaico, accanto ad altri granelli, sia intoccabile; quando invece ognuno di noi può essere spostato, cancellato, eliminato, separato.

Si superano i lutti. Si superano le morti. Si superano i distacchi.

Quando la mente è libera dal dolore, ecco che improvvisamente non ci si pensa e tutto appare completo e perfetto: come in una nuova vita. Un nuovo Disegno.

Questo perché ognuno di noi è perfettamente sostituibile nel Disegno.

Una riga bianca.

Una pausa.

Ci vuole un attimo a digerirlo. Una vita ad accettarlo.

Giusto? Sbagliato?

Concludo, in un cerchio perfetto, tornando a “Il Dio del dolore”: lì, per chi volesse, si può trovare una possibile risposta. Quella che proprio il Dio del dolore ha trovato attraverso i secoli, alla fine dei tempi.

Là dove il tempo non esiste (è ciclico) e a ogni fine segue sempre un nuovo inizio.