Jacques Bergier – Elogio del fantastico – Recensione
L’articolo che scriverò oggi è dedicato a un saggio che riguarda un Autore (forse poco conosciuto e che invece necessiterebbe di maggiore attenzione), che a sua volta dedica viscerale attenzione a tanti altri Autori, molti dei quali oggi noti, ma per lungo tempo trascurati, alcuni dei quali invece sono ancora oggi poco conosciuti o diffusi.
In questo senso, si tratta di una recensione di un testo che a sua volta “recensisce” altri testi e quindi una sorta di meta-recensione.
Mi riferisco a Jacques Bergier e al suo “Elogio del fantastico. Tolkien, Howard, Machen e altri demiurghi dell’Immaginario”, recentemente (ottobre 2018) uscito nella sua prima edizione italiana nella collana: I tre sedili deserti, 3, dell’Editore Il Palindromo, con note a cura di Andrea Scarabelli, introduzione di Gianfranco de Turris e con dieci (riuscitissime) tavole di Alessandro Colombo e Simone Geraci, sostanzialmente ritratti dei 10 Autori analizzati da Bergier nel testo.
Il volume, ben 332 pagine in brossura di ottima qualità, al prezzo di 22 € (ISBN: 978-88-98447-50-3) è stato originariamente scritto nel 1970, quando alcuni degli Autori citati erano ancora vivi e poco conosciuti (in Francia, come in altri Paesi): Bergier è abile profeta nel riuscire ad anticipare alcuni dei nomi che oggi, a distanza di circa mezzo secolo, sono fra gli Autori più letti e amati del fantastico (un nome fra tutti? Tolkien!).
L’Autore è famoso soprattutto per l’opera “Il mattino dei maghi”, che – come da descrizione nel catalogo dell’Editore Mondadori (che tutt’oggi lo ha disponibile) – “frutto della collaborazione tra Louis Pauwels, ex occultista ed ex surrealista, e Jacques Bergier, singolare figura di scienziato e mitografo, è – per usare le parole del poeta Sergio Solmi – «una rapsodia della nuova speranza». Nelle sue pagine infatti i due autori illustrano le convergenze tra le scienze matematiche e umane e il pensiero esoterico sul cosmo, l’energia, la materia, tramandato da alchimisti e taumaturghi. A oltre mezzo secolo dalla sua pubblicazione, Il mattino dei maghi resta una lettura di immenso fascino che induce il lettore ad abbandonarsi fiduciosamente al sogno di nuovi scenari possibili.”
Più volte questo libro è citato nell’Elogio del fantastico, così come molti degli Autori citati sono a loro volta ripresi proprio ne Il mattino dei maghi e in queste comunanze è racchiuso il telos, il fine ultimo, che muove l’intera indagine dell’Autore, che è ben sintetizzata proprio dalle sue stesse parole (tratte anche dalla postfazione del sempre magistrale Scarabelli) utilizzate nella quarta di copertina del libro:
“Vi sono scrittori la cui opera oltrepassa la mera letteratura. Come disse Arthur Conan Doyle, hanno varcato la soglia magica. L’oggetto di questo libro è costituito da dieci autori del genere. Anche se talvolta sfiorano la fantascienza, la teologia o le fiabe, in realtà non appartengono a una categoria precisa. Essi descrivono l’universo in cui viviamo, la cui vera realtà non ha nulla a che fare con le apparenze. Jacques Bergier ha coniato l’espressione realismo fantastico, lanciandosi in riflessioni sul nostro universo, spiegando le complicazioni del visibile con la semplicità dell’invisibile.”
In questo senso, ecco che la narrativa fantastica non viene più vista come qualcosa che soverchia la realtà, ma come uno strumento di approfondimento e comprensione della realtà stessa, che passando da antiche epoche pre-umane a futuri fantascientifici, in sintesi riflette un tempo unitario che è sempre il presente; perché laddove si parla della Verità, essa è immutabile e perfetta, quale che sia la forma o il modo sfruttato per approfondirla.
Perché, in un intreccio di citazione da me a Scarabelli, a Bergier a Tolkien, proprio con le parole di quest’ultimo (che hanno contribuito significativamente alla conversione di Lewis, come spiegato nel capitolo a lui dedicato), “attraverso la letteratura fantastica, l’uomo esercita la propria prerogativa divina di creare”.
Elogio del fantastico è così un viaggio attraverso le opere di alcuni autori che, per temi e capacità, sono stati creatori di mondi, a volte proprio divini, che consentono (hanno consentito e forse consentiranno ancora) di approfondire i temi della vita umana al di là ogni confine.
Nei singoli capitoli, i vari Autori sono presentati con una sintesi delle loro opere tratta talvolta dall’opera per loro più simbolica e iconica:
- John Buchan, o del Profeta dal Mantello Verde;
- Abraham Merritt, o delle tenebre Tangibili;
- Arthur Machen, o dei Sacramenti del Male;
- Ivan Efremov, o della Nebulosa di Andromeda;
- John W. Campbell, o del Manto degli Aesir;
- J.R.R. Tolkien, o del Signore degli Anelli;
- C.S. Lewis, o del Riscatto;
- Stanislaw Lem, o del Futuro impossibile;
- Robert E. Howard, o della Fenice sulla Lama;
- Talbot Mundy o dei Nove Segreti dei Nove Sconosciuti
A questo elenco si deve aggiungere, in una sorta di capitolo aggiuntivo, tratto da un articolo di Bergier stesso l’immancabile:
11. H.P. Lovecraft, questo genio venuto da fuori.
Per concludere con una sorta di capitolo finale, che è la post-fazione di Scarabelli, in cui nello stesso identico modo è trattato lo stesso Bergier come ideale conclusione (o sintesi) dell’opera stessa:
12. Jacques Bergier, o del realismo fantastico.
Non sarebbe possibile in questo testo approfondire oltre quanto fatto da Bergier, se non perdendosi in un vero e proprio saggio che richiederebbe decine, forse centinaia di pagine: perché per ogni Autore Bergier analizza l’opera pressoché omnia, che sostanzialmente richiederebbe di sintetizzare migliaia di pagine, cosa che peraltro l’Autore riesce a fare con grande sintesi e maestria, da divoratore di libri – dotato di una velocità di lettura impressionante – che ha letto una media da 4 a 10 libri al giorno per tutta la vita!
In questo senso, l’attenta lettura di questo libro, con riassunti di trame e approfondimenti di vario tipo, che spaziano attraverso fatti di cronaca, aneddoti, riflessioni su materie scientifiche e speculazioni filosofiche, può consentire a un lettore che nulla sappia degli 11 Autori citati, in breve tempo, di acquisire un patrimonio di conoscenze e informazioni pazzesco.
Ecco, allora, per tentare un accenno che stuzzichi ulteriormente il palato del lettore, che alcuni Autori (come Machen o Merritt o lo stesso Lovecraft) diventano trampolino per analizzare l’evoluzione dell’uomo in bilico con le tenebre, con passati ancestrali o con l’ignoto, in una chiave che può anche volgere al terrore o alla censura, così come l’ignoto, come inconoscibile e irraggiungibile, tocca aspetti più fantascientifici attraverso il pensiero di Autori come Lem, Buchan, Efremov e Campbell (quest’ultimo direttore di una rivista che, trattando letteratura d’anticipazione, anticipava veramente scoperte scientifiche al punto da attirarsi le attenzioni dei servizi segreti).
Temi, quelli della narrativa misteriosa, che tornano nell’analisi di Mundy, il solo vero Autore di cui ancora oggi non è praticamente esistente nulla in italiano (tranne un solo libro edito nel 1944!) e che invece sarebbe forse giunto il momento di riscoprire: magari qualche editore “in ascolto” sarà interessato (magari proprio “Il Palindromo”…)?
Dall’analisi di Bergier, infatti, Mundy sembrerebbe inventore di un’ottima trama su Nove Segreti Maestri, possessori di altrettanti misteriosi e antichissimi libri, che deterrebbero i segreti del mondo, tali da poter consentire un salto evolutivo per l’umanità o – in cattive mani – la distruzione totale! Personaggi rincorsi da Uomini in nero che sembrano riecheggiare gli stessi servizi segreti o la Gestapo con cui Bergier ha tanto avuto a che fare (prigioniero e torturato, più volte in coma o prossimo alla morte, salvo grazie a personali tecniche di yoga), in una chiave inquisitoria (che riecheggia Giordano Bruno, come ci ricorda sempre Scarabelli in appendice) e che apre ulteriormente il fianco agli pseudobiblia oggi tanto in auge (come il Necronomicon, invenzione dello stesso Lovecraft che lo ha confidato personalmente a Bergier, che con lui ha intrattenuto un carteggio epistolare prima della morte del Maestro; o come gli Unaussprechlichen Kulten di Howard citati sempre nel testo).
Le speculazioni attingono poi a temi più metafisici o esoterici con Autori come Tolkien, creatore di Mondi per eccellenza (forse l’Autore trattato in maniera più ingenua da Bergier, che non poteva certo prevedere il successo che avrebbe avuto il Professore e oggi approfondito costantemente da numerosi studiosi), o lo stesso Howard – sapientemente posto dove merita, tra grandi maestri, che hanno saputo reinventare anche la geografia e la storia – e C.S. Lewis, teologo per eccellenza, che apre uno spiraglio a temi al confine con lo gnosticismo e che Bergier infatti analizza attraverso non l’opera di Narnia (citata appena, mentre oggi sembra quasi la sola per cui si parli di Lewis) ma per la trilogia di Ransom (Lontano dal pianeta silenzioso, Perelandra e Quell’orribile forza, tutti oggi rintracciabili in edizione Adelphi).
Questa una estrema sintesi delle miriadi di sfaccettature con cui Bergier analizza il fantastico in questo volume che, qualora non bastasse, a completamento, offre una bibliografia delle opere degli Autori citati in Francia (all’epoca di redazione dell’Autore) e in Italia (ad oggi), oltre a un glossario, un approfondimento sulla storia della rivista Argosy (articolo dello stesso Bergier) e una biografia essenziale dello stesso Bergier: una vita quasi da romanzo d’avventura, nella realtà che va oltre il fantastico, sia nel bene, sia nel male (come dimostrato dalle vette dell’Olocausto Hitleriano, più volte citato, quasi come un satanico rituale sacrificale).
Jacques Bergier (1912-1978), agente segreto e scrittore, fisico e giornalista, è ricordato soprattutto come coautore (assieme a Louis Pauwels) de Il mattino dei maghi(1960), che segnò una piccola rivoluzione nella cultura contemporanea. Sul suo biglietto da visita fece stampare queste parole: «Amante dell’insolito e scriba dei miracoli»
Sarebbe possibile continuare l’Opera di Bergier aggiungedo l’analisi di altri Autori, forse assenti in qeusto volume? La risposta affermativa la fornisce in conclusione lo stesso Bergier, che anticipa quelli che sarebbero stati i nomi immediatamente successivi che avrebbe voluto trattare:
- Gustav Meyrink, o del guardiano della soglia;
- Clark Ashton Smith, o dello scultore dell’invisibile;
- Jorge Luis Borges, o del labirinto;
- Eric Temple Bell, o della matematica della magia;
- Fred Hoyle, o del sapiente che sogna;
- Olaf Stapledon, o del creatore di stelle;
- Arkady e Boris Strougatsky, o della difficoltà di essere Dio;
- Lord Dunsany, o della spada di Welleram;
- Jean Ray, o dei cerchi del perturbante;
- Arthur C. Clarke, o dei figli di Icaro.
E tanti altri nomi si potrebbero citare, come Herbert George Wells o Isaac Asimov (più volte citati toccando temi d’anticipazione) o George Mc Donald, William Morris, Lyon Sprague De Camp o Michael Moorcock (comunque citati da Bergier nell’Elogio del fantastico, in particolare parlando di heroic fantasy) o Edgar Allan Poe o Fritz Leiber (quest’ultimo appena citato) o altri ancora nemmeno menzionati da Bergier o addirittura contemporanei o posteriori, come Theodore Sturgeon, Frank Herbert, Ursula Le Guin o Neil Gaiman, che hanno riflettuto sul ruolo dell’uomo, il linguaggio o il sogno, anche come strumenti di creazione di mondi, in modi che ritengo lo stesso Bergier avrebbe saputo apprezzare.